dal blog di Pasquale Di Lena
Parlare di Tintilia è, per me, un piacere grande e avere la possibilità, ieri sera, di farlo in una “Terra di Tintilia e, prima ancora, di Moscato” qual’è Montagano, ho sentito che, all’antico amore che provo per i due vini propri del Molise, si era aggiunta la pace che il tempo matura. C’era tanta gente nella saletta del centro museale a fianco alla bellissima Chiesa trecentesca di Santa Maria di Faifoli, dove, non lontano, operava la cantina “Ianigro” che, alla fine dell’’800 e per i primi sessant’anni del secolo scorso, da sola, ha dato immagine al vino molisano, con il suo “Sannio rosso” soprattutto, fatto, si dice, con uve di tintilia, tanto da meritare una bella medaglia all’esposizione di Parigi del 1900. Un passato glorioso che avrebbe avuto la possibilità di raccontare la storia di un secolo del vino nel Molise se i documenti di questa cantina non fossero stati dispersi e distrutti. Un peccato, visto che la storia la raccontano i documenti anche quelli più insignificanti per i più. La Tintilia, risorta dalle ceneri prodotte dallo sviluppo lungo la fascia litoranea della vitivinicoltura molisana, con le colline assolate da Montenero di Bisaccia a Campomarino, ha, nei 20 anni in cui, insieme con Michele Tanno, mi sono impegnato a farla rivivere nel Molise e, non a caso, in quella parte dove si era maggiormente diffusa. Parlo del Molise centrale e della terra dei croati molisani, grazie all’attenzione dell’Ersam e dell’Università del Molise, allora come ieri sera, rappresentata dal prof. Massimo Iorizzo, l’ideatore, tre anni fa, per conto della CiaMolise, della manifestazione “La terra di Tintilia”.
Inserita nel disciplinare della Doc “Molise” con il limite di coltivazione al di sopra dei 200 m.s.l.m. e poi, dal 2011, nuova doc “Tintilia del Molise” nella tipologia “rosso”, “rosso riserva” e “rosato”, dopo un duro scontro – lo ha ricordato Dino Campolieti, direttore della CiaMolise – che ha evitato il rischio di fare di questo vino tutto molisano e da sempre rosso l’occasione per spezzettarlo in tante tipologie, che ne avrebbero snaturato natura e ruolo di testimone principe del vino molisano. I produttori, la gran parte dei quali giovani, nel momento in cui sono diventati i grandi protagonisti di questo vino (a loro si deve molta parte del successo che la Tinitlia vive) hanno peccato, con il loro tentativo, di inesperienza e portato a commettere un altro errore di marketing, che è quello di un prezzo troppo alto per un vino che il consumatore esigente e gli esperti devono ancora avere la possibilità di conoscerlo.
Ora il tentativo è quello di eliminare il limite di 200 m. s. l. m. per vedere come produrlo anche lungo la fascia litoranea, in pratica un ritorno indietro che farebbe rischiare di nuovo l’estirpazione dei vigneti proprio nei territori che hanno ripreso a fare viticoltura con i 70 ha. di tintilia impiantati dal 1996 in poi. Credo che ci sia bisogno di attivare nuove forme di aggregazioni tra chi produce, chi trasforma e chi promuove e apre ai mercati, soprattutto ora che sono a disposizione, grazie all’ocm, alcune centinaia di migliaia di euro per la comunicazione. Un’occasione unica per comunicare e vendere la tintilia e gli altri vini molisani che sta alla Regione cogliere non mettendo in atto la solita spartizione dei pani e dei pesci che ha portato l’agricoltura a vivere, già dal 2004, una crisi che, continuando a far prevalere le obsolete e deleterie politiche, si aggraverà nel silenzio di un mondo abbandonato a se stesso. Non è la quantità di soldi che fa la differenza, ma il criterio che porta a utilizzare le risorse che arrivano dallo Stato o dall’Europa. Come si sa, nei decenni passati sono stati dati all’agricoltura un mare di soldi, con il solo risultato di indebitare ancor più i produttori con macchine sproporzionate alle necessità; strutture sovradimensionate e spesso inutili; enormi quantità di chimica che entra nelle campagne e, scarsa o nulla, azione di marketing che, invece, di essere la prima da considerare è quella che arriva ultima e sempre per caso.
Ora il tentativo è quello di eliminare il limite di 200 m. s. l. m. per vedere come produrlo anche lungo la fascia litoranea, in pratica un ritorno indietro che farebbe rischiare di nuovo l’estirpazione dei vigneti proprio nei territori che hanno ripreso a fare viticoltura con i 70 ha. di tintilia impiantati dal 1996 in poi. Credo che ci sia bisogno di attivare nuove forme di aggregazioni tra chi produce, chi trasforma e chi promuove e apre ai mercati, soprattutto ora che sono a disposizione, grazie all’ocm, alcune centinaia di migliaia di euro per la comunicazione. Un’occasione unica per comunicare e vendere la tintilia e gli altri vini molisani che sta alla Regione cogliere non mettendo in atto la solita spartizione dei pani e dei pesci che ha portato l’agricoltura a vivere, già dal 2004, una crisi che, continuando a far prevalere le obsolete e deleterie politiche, si aggraverà nel silenzio di un mondo abbandonato a se stesso. Non è la quantità di soldi che fa la differenza, ma il criterio che porta a utilizzare le risorse che arrivano dallo Stato o dall’Europa. Come si sa, nei decenni passati sono stati dati all’agricoltura un mare di soldi, con il solo risultato di indebitare ancor più i produttori con macchine sproporzionate alle necessità; strutture sovradimensionate e spesso inutili; enormi quantità di chimica che entra nelle campagne e, scarsa o nulla, azione di marketing che, invece, di essere la prima da considerare è quella che arriva ultima e sempre per caso.
Ora c’è – ed è questo che ho detto al nuovo Assessore regionale all’Agricoltura, Vittorino Facciolla presente all’incontro – un’occasione per cambiare strada e dare alle risorse finanziarie la forza che devono avere e cioè quella di servire a preparare il domani. Questo è possibile se la Regione e i produttori pensano al mercato o, per essere più chiaro, a uno o due mercati esteri che, con quello nazionale, devono diventare i punti di riferimento del vino molisano e, con esso, anche delle altre eccellenze agroalimentari, sulla base di una programmazione minima triennale e di progetti capaci di coinvolgere gli operatori commerciali e i media, necessari perché il vino trovi i suoi spazi e sia conosciuto. Una strategia di marketing dicevo che, da quello che ho avuto modo di sentire nell’intervento conclusivo dell’assessore Facciolla, ha colto il suo interesse.
E’ stato bello tornare a Montagano dopo tanti anni e ascoltare, insieme ai relatori prima citati, una bella relazione di presentazione della situazione della vitivinicoltura nazionale e internazionale fatta da Nicola Iannaccio e gli interventi di due giovani ben preparati Domenico Vitullo dell’Unimol e Jordan Galuppo, presidente dell’A.L.T.A.A.- Naturalmente Molise, che hanno reso i dibattito, arricchito dal sindaco di Montagano, davvero interessante e la stessa serata ben spesa.
Mi spiace non aver potuto partecipare all'evento, anche per capire se, da parte delle Istituzioni, ci siano delle linee guida tracciate, o da tracciare, per dare una svolta concreta alla Tintilia e al Molise enologico. Ci sono molti luoghi comuni su questo vitigno e sul suo vino, come ho letto nei commenti precedenti, che può anche non piacere per i suoi caratteri forti e rustici, ma che ne caratterizzano in maniera indelebile le sue peculiarità, che ne permettono la distinzione tra centinaia di altri vini, tutti belli concentrati e ruffiani o magari eleganti e fini, ma maledettamente tutti uguali, tutti standardizzati al gusto del consumatore. Penso alle note speziate, in particolar modo a quelle del pepe nero, che spiccano in alcune Tintilia, in particolar modo quelle ottenute dal vitigno coltivato a quote più alte, non riscontrabili in altri vini. E poi per le sue sfumature tendenti al granato già a fine fermentazione, a differenza di altri vini, che sfatano anche il mito del vino inchiostro che spesso si sente echeggiare tra non addetti. Non mi addentro in particolari tecnici, che peraltro l'amico Daniele ha già ben espresso. Le sue basse rese hanno costretto i produttori a prezzi più alti delle bottiglie e, la poca educazione al consumo da una parte, intesa come propensione e giusto approccio alla degustazione, a cui si aggiunge un'oggettiva difficoltà a spendere certe cifre per una bottiglia di vino, visto anche il momento economico, a prezzi che spesso superano quelli di grandi denominazioni italiane, ne hanno reso difficile il riscontro sul territorio regionale. In questi giorni che sono stato fuori con la famiglia, mi sono imbattuto in un'enoteca di una famosa località turistica dell'Urbe, dove tra le tante etichette blasonate delle più importanti denominazioni italiane e internazionali, c'era un angoletto Molise con una Tintilia, era il solo vino regionale. Ho avuto modo di parlare con il proprietario, di spiegargli le caratteristiche della nostra viticoltura, della Tintilia e della nostra storia, dimostrandosi interessato e purtroppo lacunoso su alcuni aspetti e luoghi comuni che, non certo per colpa sua, sono figli di mal informazione, come la possibilità di fare viticoltura in Molise solo sulla costa perché il resto è montagna, cosa che la Tintilia con le sue origini e con i suoi premi, come certificato da Domenico Janigro e dalle parole di Pasquale, ha dimostrato il contrario. Purtroppo l'informazione enologica, spesso, è affidata a persone che, sinceramente, non so come possano occupare certi posti di prestigio o essere al soldo di certi gruppi imprenditoriali o marchi di prestigio, anzi, forse lo so o posso immaginarlo, e poi sparare castronerie come sul Molise, cosa che ho denunciato con forza con un articolo nel mio blog. Il Molise e la Tintilia meritano rispetto, come la possibilità di allevarne il vitigno in zone con elevata altitudine, che rappresentano, di fatto, la storia del vitigno e del relativo vino, senza alcuni obbrobri che nulla hanno a che fare con le sue origini, ma che sono semplici trovate commerciali che ne snaturano i connotati e l'immagine. Già, l'immagine, questa sconosciuta. Grazie a Pasquale e a tutti quelli che "lottano" tutti i giorni per difendere e promuovere la nostra immagine, i nostri connotati e la nostra storia senza retorica e demagogia, ma con competenza e amore.