“Consentitemi uno sfogo, vi prego. Direi che
me lo posso permettere dopo tanti anni di onorato servizio nel mondo del vino,
tra degustazioni, appassionati a volte un po’ maniacali, bevitori simpatici e
produttori che qualche volta confondono le loro bottiglie con dei prolungamenti
alcolici della loro personalità”. Così esordisce Daniele Cernilli, ex
Gambero Rosso ed ex AIS Bibenda di Roma, nel suo ultimo articolo, “Enosnob”,
firmato Doctor Wine sul relativo portale. Il “deus ex machina” del giornalismo
enologico ha curato una rubrica, “Taste Italy”, in occasione dell’ultimo Vinitaly, dove ha intervistato alcuni tra
i più importanti produttori di vino dello stivale, con tanto di video in HD
sulla web TV del Vinitaly e live in fiera. A onor del vero, già in
quell’occasione, ho avuto modo di ascoltare alcune interviste di produttori
italiani blasonati chiedendomi, tra l’altro, se anche qualche produttore dello
sconosciuto Molise fosse stato baciato dalla dea bendata e si fosse seduto
sulla poltrona del comodo salottino del famoso guru. In realtà, l’iniziativa
promossa da Verona Fiere con lo scopo di selezionare, per gli operatori esteri
e giornalisti accreditati, le migliori 100 cantine del bel paese, prevedeva già
in scaletta un’azienda molisana, la Di Majo Norante, vero simbolo dell’enologia
regionale. Purtroppo, ho avuto modo di vedere il video solo oggi, scovandolo,
per caso, dopo aver visionato un video di Pasquale Di Lena sulla Tintilia. Senza
voler fare della demagogia, cosa che non mi appartiene, posso affermare che
quanto emerge dal video, come amici che l’hanno visto mi hanno confermato, è a
dir poco paradossale e non fa altro che confermare quello che vado dicendo da
qualche tempo, certificato nero su bianco nei miei post del blog e sugli
articoli nei giornali online. Non voglio anticiparvi niente sul contenuto,
lasciandovi il (dis)gusto della scoperta guardando il relativo video. A dopo
per alcune considerazioni irrinunciabili.
me lo posso permettere dopo tanti anni di onorato servizio nel mondo del vino,
tra degustazioni, appassionati a volte un po’ maniacali, bevitori simpatici e
produttori che qualche volta confondono le loro bottiglie con dei prolungamenti
alcolici della loro personalità”. Così esordisce Daniele Cernilli, ex
Gambero Rosso ed ex AIS Bibenda di Roma, nel suo ultimo articolo, “Enosnob”,
firmato Doctor Wine sul relativo portale. Il “deus ex machina” del giornalismo
enologico ha curato una rubrica, “Taste Italy”, in occasione dell’ultimo Vinitaly, dove ha intervistato alcuni tra
i più importanti produttori di vino dello stivale, con tanto di video in HD
sulla web TV del Vinitaly e live in fiera. A onor del vero, già in
quell’occasione, ho avuto modo di ascoltare alcune interviste di produttori
italiani blasonati chiedendomi, tra l’altro, se anche qualche produttore dello
sconosciuto Molise fosse stato baciato dalla dea bendata e si fosse seduto
sulla poltrona del comodo salottino del famoso guru. In realtà, l’iniziativa
promossa da Verona Fiere con lo scopo di selezionare, per gli operatori esteri
e giornalisti accreditati, le migliori 100 cantine del bel paese, prevedeva già
in scaletta un’azienda molisana, la Di Majo Norante, vero simbolo dell’enologia
regionale. Purtroppo, ho avuto modo di vedere il video solo oggi, scovandolo,
per caso, dopo aver visionato un video di Pasquale Di Lena sulla Tintilia. Senza
voler fare della demagogia, cosa che non mi appartiene, posso affermare che
quanto emerge dal video, come amici che l’hanno visto mi hanno confermato, è a
dir poco paradossale e non fa altro che confermare quello che vado dicendo da
qualche tempo, certificato nero su bianco nei miei post del blog e sugli
articoli nei giornali online. Non voglio anticiparvi niente sul contenuto,
lasciandovi il (dis)gusto della scoperta guardando il relativo video. A dopo
per alcune considerazioni irrinunciabili.
“E’ proprio vero che in Italia si fa il vino dappertutto…” esordisce Cernilli
e, quindi, perché non potrebbero farlo anche nello sconosciuto e piccolo Molise,
dove le colline degradano dolcemente verso il mare, affacciandosi sulle isole
Tremiti, “tu pensa un pò”, dove,
guardate un pò il caso, esiste un bravo produttore come Alessio Di Majo
Norante. Che il produttore in questione sia un “top player” dell’enologia è un fatto acclarato, lo certificano i
riconoscimenti e il prestigio internazionale della relativa azienda e lo stesso
Di Majo tiene a precisare, inoltre, che ci sono delle potenzialità inespresse
nel territorio regionale. Il simpatico Cernilli, poi, si sbilancia nella
descrizione orografica regionale, definendo il relativo territorio, tranne che
per la fascia costiera, “molto montagnoso”(secondo le convenzioni europee, per definire
montagna, l’altezza deve essere di almeno 600 metri sul livello del mare e il
suo aspetto deve essere almeno parzialmente impervio, nel Molise collina e
montagna sono pressoché equivalenti come superficie). Forse avrà frequentato le piste di sci alpino a Campitello Matese o quelle di
fondo di Capracotta, cosa di cui dubito fortemente, citando solo alcuni dei
comuni più vicini alla costa, guarda caso dove ci sono buona parte dei
produttori, probabilmente quelli che conosce, quantomeno nel bicchiere, si
spera. A parte le lacune geografiche, quello che lascia più perplesso e che,
secondo l’erudito giornalista, nel territorio interno, a parte le zone più
impervie, non ci siano le condizioni di fare viticoltura di qualità, quando si
possono citare decine di esempi, nel nostro paese, che dimostrano il contrario.
La cosa più grave, a mio avviso, è la completa superficialità con cui è stato
trattato l’argomento Tintilia, anche da Alessio Di Majo – nuovi vini da antichi vitigni, era lo slogan della sua azienda – un po’
superficiale, considerandolo forse più un fardello, devo pensare, ignorando
completamente il fatto che la Tintilia “è” il vitigno delle zone interne, quello
che la storia, la scienza e l’abnegazione di un manipolo di produttori, tra cui
lo stesso Di Majo, hanno portato alla ribalta con fatica, che forse qualcuno
voleva estenderne la coltivazione fino alla costa, dove si fa la viticoltura di
qualità, secondo il ben informato Cernilli.
e, quindi, perché non potrebbero farlo anche nello sconosciuto e piccolo Molise,
dove le colline degradano dolcemente verso il mare, affacciandosi sulle isole
Tremiti, “tu pensa un pò”, dove,
guardate un pò il caso, esiste un bravo produttore come Alessio Di Majo
Norante. Che il produttore in questione sia un “top player” dell’enologia è un fatto acclarato, lo certificano i
riconoscimenti e il prestigio internazionale della relativa azienda e lo stesso
Di Majo tiene a precisare, inoltre, che ci sono delle potenzialità inespresse
nel territorio regionale. Il simpatico Cernilli, poi, si sbilancia nella
descrizione orografica regionale, definendo il relativo territorio, tranne che
per la fascia costiera, “molto montagnoso”(secondo le convenzioni europee, per definire
montagna, l’altezza deve essere di almeno 600 metri sul livello del mare e il
suo aspetto deve essere almeno parzialmente impervio, nel Molise collina e
montagna sono pressoché equivalenti come superficie). Forse avrà frequentato le piste di sci alpino a Campitello Matese o quelle di
fondo di Capracotta, cosa di cui dubito fortemente, citando solo alcuni dei
comuni più vicini alla costa, guarda caso dove ci sono buona parte dei
produttori, probabilmente quelli che conosce, quantomeno nel bicchiere, si
spera. A parte le lacune geografiche, quello che lascia più perplesso e che,
secondo l’erudito giornalista, nel territorio interno, a parte le zone più
impervie, non ci siano le condizioni di fare viticoltura di qualità, quando si
possono citare decine di esempi, nel nostro paese, che dimostrano il contrario.
La cosa più grave, a mio avviso, è la completa superficialità con cui è stato
trattato l’argomento Tintilia, anche da Alessio Di Majo – nuovi vini da antichi vitigni, era lo slogan della sua azienda – un po’
superficiale, considerandolo forse più un fardello, devo pensare, ignorando
completamente il fatto che la Tintilia “è” il vitigno delle zone interne, quello
che la storia, la scienza e l’abnegazione di un manipolo di produttori, tra cui
lo stesso Di Majo, hanno portato alla ribalta con fatica, che forse qualcuno
voleva estenderne la coltivazione fino alla costa, dove si fa la viticoltura di
qualità, secondo il ben informato Cernilli.
Distribuzione della Tintilia alla fine dell’Ottocento, da Tintilia del Molise (2007) |
L’apoteosi
si è raggiunta quando lo stesso Cernilli, nel descrivere uno dei vini di punta
dell’azienda, il Don Luigi, afferma candidamente che “è fatto con Montepulciano d’Abruzzo e qualcos’altro”, ignorando
forse il fatto che si tratta di uve del vitigno Montepulciano e non d’Abruzzo,
essendo questa, invece, una denominazione d’origine di un’altra regione, naturalmente. Dopo quest’affermazione sconcertante, grave per un esperto come
lui, non posso fare altro che astenermi da ulteriori commenti, lasciandoli a
voi, evitando di porre l’accento su aspetti che non fanno altro che confermare
quelli che erano i miei dubbi sulla nostra produzione regionale e sull’assenza dalle
luci della ribalta, in senso generale, “tranne
che per Di Pietro e il terremoto”. Per citare Cernilli, “consentitemi uno
sfogo, vi prego. Anche se non me lo
posso permettere non avendo tanti anni di onorato servizio nel mondo del vino
bla bla…”, di certo non mi manca l’onestà
intellettuale, la cultura e la sobrietà con cui ho affrontato diversi aspetti
del mondo vitivinicolo. Sono stufo,
come molisano, di sentire sciocchezze, approssimazione e superficialità sulla
nostra terra e sulle sue produzioni di qualità, che non hanno nulla da
invidiare a quelle delle altre realtà produttive nazionali. E’ finiamola, definitivamente,
di commiserarci e flagellarci con le nostre mani; urge una svolta decisiva
condivisa a tutti i livelli che, stranamente, sento riecheggiare sulle pagine
dei giornali, sulle bocche di tutti produttori e su quelle dei rappresentanti
istituzionali, ma che di fatto, non si concreta se non con iniziative
estemporanee, a comparti stagni, nei diversi settori produttivi della regione. Le
comiche lasciamole agli enosnob bacchettoni.
si è raggiunta quando lo stesso Cernilli, nel descrivere uno dei vini di punta
dell’azienda, il Don Luigi, afferma candidamente che “è fatto con Montepulciano d’Abruzzo e qualcos’altro”, ignorando
forse il fatto che si tratta di uve del vitigno Montepulciano e non d’Abruzzo,
essendo questa, invece, una denominazione d’origine di un’altra regione, naturalmente. Dopo quest’affermazione sconcertante, grave per un esperto come
lui, non posso fare altro che astenermi da ulteriori commenti, lasciandoli a
voi, evitando di porre l’accento su aspetti che non fanno altro che confermare
quelli che erano i miei dubbi sulla nostra produzione regionale e sull’assenza dalle
luci della ribalta, in senso generale, “tranne
che per Di Pietro e il terremoto”. Per citare Cernilli, “consentitemi uno
sfogo, vi prego. Anche se non me lo
posso permettere non avendo tanti anni di onorato servizio nel mondo del vino
bla bla…”, di certo non mi manca l’onestà
intellettuale, la cultura e la sobrietà con cui ho affrontato diversi aspetti
del mondo vitivinicolo. Sono stufo,
come molisano, di sentire sciocchezze, approssimazione e superficialità sulla
nostra terra e sulle sue produzioni di qualità, che non hanno nulla da
invidiare a quelle delle altre realtà produttive nazionali. E’ finiamola, definitivamente,
di commiserarci e flagellarci con le nostre mani; urge una svolta decisiva
condivisa a tutti i livelli che, stranamente, sento riecheggiare sulle pagine
dei giornali, sulle bocche di tutti produttori e su quelle dei rappresentanti
istituzionali, ma che di fatto, non si concreta se non con iniziative
estemporanee, a comparti stagni, nei diversi settori produttivi della regione. Le
comiche lasciamole agli enosnob bacchettoni.
Sebastiano Di Maria
Piatto ricco mi ci ficco. Un solo commento: mamma mia che livello di conversazione, da bar dello sport. Non meritiamo tanto.
il video non posso vederlo.. mi rifarò al più presto.. ma dalla tua pregevole sintesi, caro Sebastiano, colgo l'ignoranza del Cernilli, a cui darei al massimo l'appellativo di pseudoguru dell'enologia; bisogna conoscere l'Italia intera per parlare di territorio, questo signorotto il Molise non lo conosce neanche col binocolo e si permette di fare dell'ironia. Provo disgusto a leggere le poche parole da te riportate. Il sopra citato Cernilli non lo conosce neanche il Montepulciano, confonde, come da te sottolineato, il vitigno con la DOC. Relega alla Tintilia una misera citazione, ma il Di Majo altrettanto non fa nulla per difendere il vitigno e l'intero territorio. Non meritiamo tutto ciò.
Ciao Daniele, grazie per il tuo contributo, sembre ben accetto. Passami a trovare quando sei in zona.
Perdona la mia ignoranza, ma quello è il miglior produttore della regione? Mi sa tanto che l'enologo conta, eccome se conta. Bella busciardata.
Molisano incazzato
Credo che abbiate centrato il problema: non è stato un bello spot per la nostra regione. La superficialità della discussione, condita da strafalcioni inammissibili per Cernilli, dimostrano realmente che il Molise è conosciuto per Di Pietro e il terremoto, purtroppo. Su questo do ragione a Di Majo, che invece condanno quando parla della tintilia come per sentito dire, la sensazione è quella. Il resto, come dice Ladinod, sono chiacchiere da bar, mentre per l'enologo, beh, Di Majo dice un'ovvietà che tutti i produttori con mega-consulenti sostengono. Non so se alla fine sia sempre vero.
Come fate a criticare Cernilli:
Direttore del magazine on line Doctor Wine.
Oggi consulente del Gruppo Bibenda, docente di degustazioni e analisi sensoriale per i corsi AIS e tra i curatori della guida Duemilavini.
Laureato in Filosofia ha insegnato storia e letteratura per poi trasformare il suo amore per cibo e vino nella sua professione. Giornalista professionista collabora regolarmente con diverse testate giornalistiche oltre ad aver pubblicato libri tecnici di divulgazione, di degustazione e analisi dei vini.
Cofondatore del Gambero Rosso nel 1986, curatore della Guida dei Vini d'Italia per 24 edizioni, direttore del magazine Gambero Rosso, personaggio televisivo alla guida del Gambero Rosso Channel. Docente dei corsi professionali alla Città del Gusto di Roma. Ha vinto diversi premi per il suo contributo alla diffusione della cultura enogastronomica tra cui la targa d'Oro dell'Associazione Enotecnici nel 1999 ed è stato incluso nella classifica di Decanter tra le 50 persone più influenti nel mondo del vino (2001).
Fonte: Doctor Wine
Il resto è noia
Caro anonimo, non so se la tua è una provocazione o realmente pensi che quello che abbia detto il buon Cernilli passi inosservato. Nel primo caso dimostra che non ti manca l'ironia, nel secondo, beh, direi proprio che sei in ottima compagnia.
Rileggendo quest'articolo, vorrei dire una cosa all'Anonimo, che non ha neanche il coraggio di metterci la faccia: non conta l'onorato curriculum se spari stronzate del genere! Un giornalista enogastronomico deve conoscere tutto di un Paese dal punto di vista enologico, dalla A alla Z e soprattutto non fare ironie del genere. Cernilli, a mio avviso, non lo conosco proprio il Molise.
Di sapientoni ne è pieno il mondo, quello del vino non fa eccezione Daniele. Purtroppo questa gente orienta il gusto del consumatore e, nel bene o nel male, anche le produzioni. Ma non tutti sparano frescate, per fortuna. Il Molise paga lo scotto di essere una piccola realtà produttiva che con fatica sta uscendo fuori dell'anonimato, con produzioni qualitative. Peccato che manca una strategia di promozione comune, che potrebbe rafforzarne l'immagine in maniera importante, anche se con numeri piccoli. Le Istituzioni latitano e nei produttori c'è ancora molto campanilismo. Comunque, tutto sommato, ci sono risultati incoraggianti e questo spingerà a fare sempre meglio. Grazie per il tuo contributo prezioso e competente.