Un bicchiere di vino rosso – si dice da sempre – fa buon sangue. Leggenda? Tutt’altro. La saggezza del detto antico trova adesso fondamento scientifico nei risultati delle ricerche scientifico-tecnologiche condotte dall’Iresmo (Istituto ricerche europeo scienze molecolari).
A fare da apripista in questo campo di ricerca erano state due importanti molecole: prima la quercetina e poi il resvetrarolo. Ma da sole – spiegano gli esperti – non erano sufficienti a dimostrare tutti gli effetti del bicchiere di vino rosso sulla salute del consumatore, ancor piu’ sulla fluidita’ vascolare contro la formazione dei pericolosi trombi per gli eventi patologici cerebro e cardio-vascolari. ”Adesso in laboratorio – sottolinea il prof. Nicola Uccella, ordinario di chimica all’Universita’ della Calabria e presidente dell’Iresmo Foundation – sono state sperimentate alcune colture cellulari per identificare l’ingrediente del vino rosso con un vero effetto sulla salute e sul benessere del moderno consumatore, informato, esperto ed esigente. Mistero svelato”. Sono stati scoperti cosi’ sostanze attive presenti nella buccia e nei semi dell’uva nera (flavonoidi glucosidi e procianidoici); sostanze che sciolgono il sangue e vasodilatatori.
Insomma, e’ merito delle due molecole ‘proteggi organismo’, la benefica influenza del vino rosso, consumato con moderazione, sulla circolazione del sangue a livello di vasi cardiaci e cerebrali. ”Certo, il buon vino rosso – sostiene ancora Uccella – deve essere fatto per bene. Da uvaggio d’eccellenza, con la giusta rimonta, con la migliore fermentazione alcolica e biologica. Non puo’ essere il sano vino rosso del contadino, il vinello da trangugiare in quantita’, vera e propria risorsa energetica”. L’Iresmo, nei suoi studi, ha individuato nei fitobioattivi dell’uva rossa, i flavonoidi glucosidi e i procianidoici, quelli che sono i garanti contro gli attacchi di cuore e l’ictus, circostanze spesso, troppo spesso, foriere di decessi.
Ad aver portato alla luce l’efficacia delle sostanze attive sono state ricerche complesse, condotte con la partecipazione di esperti a livello mondiale. Quella che veniva considerata alla stregua di una semplice credenza popolare (il vino che fa buon sangue), sospesa tra il mito e la leggenda, si e’ rivelata – secondo gli studi dell’Iresmo – una verita’, corroborata dai risultati delle prove scientifico-molecolari, fondamentale per preservare la salute del consumatore e conferire piacevole benessere alla mensa piu’ autenticamente mediterranea.
 
Fonte: Ansa
 
Possibili molecole implicate?
 
 
Che finalmente si sia trovata la strada giusta? Pur potendo valutare la bontà di questa ricerca con il tempo, anche dopo i passi falsi del passato, come nel caso del resveratrolo, non posso non astenermi da commenti di fronte a certe affermazioni dell’esimio professore. Come ordinario di chimica organica, al netto dell’elevata qualità dello studio, ha espresso due concetti a dir poco mirabolanti: “identificare l’ingrediente del vino rosso con un vero effetto sulla salute e sul benessere del moderno consumatore, informato, esperto ed esigente“, come a dire che quelli all’antica, non informati e senza possibilità economiche possono pure schiattare, cosa che non solo ha confermato nella battuta successiva, etichettando il vino rosso del contadino come semplice “benzina” (non puo’ essere il sano vino rosso del contadino, il vinello da trangugiare in quantita’, vera e propria risorsa energetica), ma addirittura si è cimentato anche in un sorta di winemaker indicando i passaggi fondamentali della produzione d’eccellenza (uvaggio d’eccellenza, con la giusta rimonta, con la migliore fermentazione alcolica e biologica). Ma i vini dove non si fa uvaggio, per esempio, che fine faranno? E i vini naturali? Insomma, cari sfigati, che il cattivo vino vi “trombi”.
 
Sebastiano Di Maria