Che la sostenibilità ambientale e la tutela della salute del consumatore fossero i cardini si cui si basano le strategie di sviluppo delle principali aziende agroalimentari e, nella fattispecie, per quelle situate tra i 30° e i 50° di latitudine nord e sud di entrambi gli emisferi, è un dato ormai assodato. Non tanto perché si stanno scrivendo fiumi di parole su tali necessità, non tanto perché fior di ricercatori lavorano alacremente per trovare nuove soluzioni meno invasive, non tanto perché è l’argomento più dibattuto e più controverso nella rete, non tanto perché un umile “blogger” come il sottoscritto ne ha parlato a più riprese, ma soprattutto per la sete del consumatore medio di bere naturale, senza artifici e manipolazioni, rifiutando la chimica di sintesi.
L’ultimo passo avanti fatto in questa direzione è di queste ore mediante la definizione, in ambito europeo, di regole sul biologico. E’ notizia di giornata, infatti, che il Comitato permanente per la produzione biologica (SCOF) a Bruxelles ha approvato il nuovo regolamento sul vino biologico che sarà pubblicato nelle prossime settimane sulla Gazzetta ufficiale Ue. Un risultato atteso da anni, in particolar modo per il settore vino, rimasto l’unico che non rientrava nelle regole sulle produzioni biologiche fissate da Bruxelles, con il regolamento 834/2007.
Come già avevo anticipato in questo post, la possibilità di mettere in commercio vino prodotto da “uve biologiche” è una cosa diversa dal vino biologico a tutto tondo. Le regole sulla produzione bio, infatti, si fermavano al vigneto e quindi alla materia prima e non coinvolgevano la cantina e la fase di trasformazione. La possibilità di andare oltre la definizione di “vino proveniente da uve biologiche” etichettandolo, quindi, come “vino biologico” con relativa certificazione tramite l’apposizione del bollino europeo, già a partire dalla vendemmia 2012, sarebbe fondamentale per soddisfare la crescente domanda dei consumatori “sostenibili”, come accennato in precedenza, anche di Paesi terzi. In questo modo si va a rafforzare la posizione che i vini biologici dell’Ue detengono a livello internazionale, giacché molti altri paesi produttori di vino (USA, Cile, Australia, Sudafrica) hanno già stabilito norme per i vini biologici. Dati diffusi nell’ambito del progetto europeo Orwine degli ultimi cinque anni dimostrano, infatti, nel settore dei vini da uve biologiche, un aumento medio del fatturato del 18% con punte anche del 90%, mentre la previsione per i prossimi anni è di un incremento medio annuo del 13% che potrebbe anche raggiungere il 20%. Alla luce di queste tendenze, il concetto di “ecologico” o di “rispetto dell’ambiente” avrà probabilmente, a breve, lo stesso peso di prezzo, varietà o terroir.
Un altro aspetto di tale norma, particolarmente controverso, è la determinazione dei limiti di solfiti da aggiungere ai vini. Tale regolamento, in materia di solfiti, consentirà di utilizzarne massimo 100 mg/l per i vini rossi (contro i 150 dei rossi convenzionali) e un massimo di 150 mg/l per i vini bianchi e rosati (contro i 200 consentiti per i corrispondenti vini non biologici) con una differenza di 30 mg/l quando il tenore di zucchero residuo è superiore a 2 g/l. Secondo alcuni, tra cui Coldiretti, questa è stata un’occasione mancata per creare un solco netto tra produzioni convenzionali e biologiche, sia perché i valori di solforosa ammissibile non si discostano di molto tra loro, sia perché, in questo modo, si assecondano le esigenze di alcuni stati nord europei, tra cui Germania e parte della Francia. Pur non avendo una tradizione bio, queste realtà non vogliono mancare all’appuntamento e un limite di solfiti più alti, in effetti, può essere utile per stabilizzare vini provenienti da uve in climi freddi, più difficili da domare a dispetto di quelle dei climi mediterranei che, a completa maturità e sane, possono ridurne al minimo l’utilizzo, come del resto già accade, senza poterlo, aimè, evidenziare in etichetta.
In attesa dell’implementazione di tali norme e delle relative certificazioni, mi pongo due domande: se e come sarà contestualizzata da un punto di vista territoriale la produzione di vino biologico, per me imprescindibile e come sarà dimostrato che non sono stati violati i limiti fissati dalla nuova normativa da coloro che, secondo la stessa, possono fregiarsi del logo di vino biologico per le bottiglie prodotte nelle annate precedenti (tipo quelli che parteciperanno al prossimo Vinitaly).
Sebastiano Di Maria
molisewineblog@gmail.com
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Finalmente!!! Grazie per le utili informazioni aspetto con ansia la sua attuazione. Spero che serva a dare piu' chiarezza anche ai consumatori
http://greenme.it/informarsi/ambiente/6933-vino-biologico-approvata-dallue-la-nuova-normativa-e-il-marchio-europeo-
Io credo che la chiarezza per i consumatori sia sempre il nodo cruciale, purtroppo si fà sempre poco in proposito. Per esempio, come già accennavo nel post, i paesi dell'area mediterranea possono scendere abbondantemente sotta quella soglia per diversi motivi, come sostenuto dall'AIAB, ma non potranno metterlo in etichetta il quantitativo di solfiti e quindi non ci sarà discriminante. Altro dato da non trascurare è il limite in base al residuo zuccherino che sale di 30 mg/l. Sempre l'AIAB sostiene che sarebbe auspicabile l'uso del lisozima in vinificazione e una maggiore flessibilità sul mosto concentrato rettificato.
Insomma, c'è molto su cui discutere. Aspettiamo la pubblicazione della normativa per vedere nel dettaglio i provvedimenti.
Sai qual'è la mia paura? I soliti furbetti, tipo: "abbiamo tutte le carte in regola, siamo biologici, anche se in etichetta non lo mettiamo" e poi scopri che in due dei primi tre trattamenti in vigna hanno usato prodotti sistemici. Ho paura che saranno molti quelli che salteranno sul carro dei vincitori se ciò vorra dire nuove fette di mercato.
Speriamo bene