E’ un concetto ormai di dominio pubblico che la Tintilia, il vitigno autoctono della regione Molise, che, in un futuro prossimo, si spera, possa essere affiancato da altre varietà, visto l’enorme patrimonio ampelografico in mostra nella recente esposizione di uve antiche del Molise, curato dall’instancabile Michele Tanno, rappresenta il mezzo con cui si possono aprire nuovi scenari nel mercato vitivinicolo della nostra regione, se correttamente comunicato. Quello che forse molti non sanno, che invece vogliamo portarvi a conoscenza, riguarda la storia recente di questo vitigno e delle sue uve, coccolate e vinificate, molto prima della comparsa delle prime bottiglie sul mercato, da quella che rappresenta la prima realtà produttiva regionale del suo genere, la Cantina Valtappino, nata nel lontano 1969, dall’azione degli allora 274 viticoltori, i cui vigneti insistevano per lo più lungo le dolci colline del Molise interno, quelle che fanno da contorno alla valle in cui scorre l’omonimo torrente. Luciano Cirucci, attuale responsabile dello stabilimento, nonché factotum dell’azienda, con orgoglio rivendica, per il suo sodale, la paternità delle prime vinificazioni di Tintilia, o Tintiglia, come lui stesso ha tenuto a precisare, quando qualche piccolo produttore dell’areale ancora custodiva con gelosia questo vitigno rustico e poco produttivo, scampato alla mattanza del sistema quantità. 


Luciano Cirucci e immagini della cantina
“Un’azienda – come ci dice lo stesso Cirucci – sempre in salute che, pur contro maldicenze e luoghi comuni che accompagnano le realtà cooperativistiche, ha sempre avuto un forte legame con il territorio e con i produttori, cui offriva un servizio continuo di formazione e informazione”. L’areale che circondava il capoluogo regionale, dove è situata la cantina, presentava un’elevata estensione di vigneti, particolarmente concentrati tra i comuni di Toro, San Giovani in Galdo e Campodipietra, mentre dai comuni di Ferrazzano e Mirabello arrivavano le uve di Tintilia. “L’abbandono della viticoltura delle aree interne – complici le scelte istituzionali, e non, di puntare alla vitivinicoltura di quantità, decretando, di fatto, l’abbandono delle vigne nelle zone marginali, aggiungiamo noi – ha rappresentato una svolta per la stessa azienda, tanto che allo stato attuale la stessa conta solo quattro soci, per un totale di soli quindici ettari di vigneto”, a tutti gli effetti, un’azienda che ha perso i connotati di socialità. “La filosofia aziendale, dopo questo sconquasso, non è cambiata, anzi – continua Cirucci – tende a rafforzare il legame con il territorio, dando la possibilità ai giovani di investire nelle qualità di un’areale da sempre vocato alla vitivinicoltura, che aveva in Gambatesa il centro nevralgico, attraverso la valorizzazione dei vitigni delle aree interne, come la Tintilia, su cui l’azienda ha scommesso da sempre, quando si pensò di vinificare e imbottigliare, anche se solo a uso personale, vista l’assenza di una denominazione territoriale in quel momento storico”. Con Decreto Ministeriale del 18 maggio 1998, nasce la seconda DOC regionale, “Molise” o “del Molise”, dopo la “Biferno”, nata invece nel 1983, che, per via del toponimo utilizzato, tendeva a favorire parte degli areali produttivi, e in particolar modo quelli del basso Molise che facevano riferimento a un’altra importante realtà cooperativistica. La nuova denominazione, finalmente, riconosceva, nel suo disciplinare, la possibilità di vinificare e imbottigliare vino da uve di Tintilia, dando la possibilità di non vedere vanificati gli sforzi di tanti piccoli produttori delle zone interne che con caparbietà conservavano vecchie vigne, su cui la Cantina Valtappino aveva scommesso. Testimonianza di tale lungimiranza è stata la prima bottiglia di Tintiglia apparsa sul mercato, proprio nel 1998, per merito della stessa azienda, l’unica che può vantare questo primato.

Prima bottiglia di Tintilia sul mercato

 

“Il comune di Gambatesa – ci spiega Cirucci – ha rappresentato il vero centro produttivo e storico di tutto l’areale, dove nacque, nel 1975, la Vinicola D’Alessandro, convertita, successivamente, da un gruppo di investitori romani, in Serra Meccaglia, una delle prime aziende totalmente meccanizzate in Europa, che produceva ben un milione di bottiglie di vino, in parte fornito anche dalla cantina Valtappino, di cui il 90% era destinato al mercato internazionale”. La Serra Meccaglia, già nel 1985, produceva il primo vino Le Serre (Rosso dei Colli del Tappino, imbottigliato da Vi.Ta., viticoltori del Tappino), blend a base Aglianico e Tintilia, il più antico dei vitigni del Sannio, come citato in etichetta. Nel 1975 veniva prodotto il San Barbato (blend di Trebbiano e Malvasia), dalla Vinicola D’Alessandro di Gambatesa, con il simbolo del Castello di Gambatesa sull’etichetta. A questi vini si affiancavano altri, come uno spumante “Blanc de Blancs”, ossia ottenuto da sole uve bianche, chiamato Domenico, oltre ad una Vernaccia, il Rocca del Falco. Questo rappresenta la storia produttiva, anche recente, dell’azienda e dell’intero areale che, affiancata a quella artistica presente nel Castello di Gambatesa, come spiegato in maniera magistrale da Franco Valente, che potete leggere in questo post, è la forza su cui l’azienda vuole puntare per il futuro, attraverso i vigneti situati proprio nello stesso Comune, a ridosso del Lago di Occhito.

Bottiglie storiche dai produttori della valle del Tappino

Vigneti dell’azienda nei pressi del lago di Occhito

La storia più recente dell’azienda, ancora alle prese con un certo senso di diffidenza da parte di certa critica enologica regionale, come tende a sottolineare non senza un certo disappunto lo stesso responsabile, parla di premi e riconoscimenti che, finalmente, danno il giusto tributo a un impegno e una coerenza che tende a privilegiare la qualità delle produzioni territoriali, riducendo all’essenziale gli interventi in vigna e in cantina, grazie alle favorevoli condizioni ambientali da una parte, e una tecnologia priva di strutture e tecnicismi da manuale enologico dall’altra. Il vino di punta dell’azienda è la Tintilia Embratur (l’Embratur era la massima figura politica nei sanniti), prodotta in due tipologie, tra cui la riserva affinata in tonneau di rovere per quattro anni, rappresenta il fiore all’occhiello della produzione, grazie anche ai prestigiosi riconoscimenti che nell’ultimo anno ne hanno accompagnata la consacrazione. Nel corso dell’ultimo Vinitaly, al concorso enologico internazionale, alla Tintilia 2010 è stato assegnato il Diploma di Gran Menzione, anche se la stessa, curiosamente, non era presente nella selezione di vini regionali in degustazione nello stand allestito dalla Camera di Commercio, come fa notare con rammarico lo stesso Cirucci. Lo stesso vino si è aggiudicato, poi, la medaglia d’argento al concorso enologico internazionale “Selezione del Sindaco”, organizzato dall’Associazione nazionale delle Città del Vino. L’azienda, inoltre, è stata inserita nella guida di Veronelli 2014, con ben 90 punti per la Riserva e 88 punti per la 2010, oltre che nei vini da non perdere nella guida del Touring Club con la tipologia RiservaGiuseppe Vaccarini, presidente dell’associazione delle sommellerie professionale italiana (ASPI), alla prima edizione del Divinolio, recensì la Tintilia 2010 come il vino che più lo aveva colpito all’interno del panorama enologico molisano, dato confermato con gli ultimi premi. 

I premi della Tintilia Embratur 2010

 

Un pomeriggio in compagnia del vulcanico Luciano, foriero d’iniziative e impegno per la tutela e la promozione delle produzioni di qualità, ancora troppo ancorata a certi stereotipi di cui si è spesso schiavi, spesso per mancanza di onestà intellettuale, come abbiamo convenuto e di cui ho sottolineato alcuni aspetti nel mio ultimo articolo, che v’invito a leggere con attenzione, cui si aggiungono eventuali scelte istituzionali e/o produttive discutibili che vanno a calpestare la nostra storia viticola ed enologica. Le scelte produttive come quelle dell’azienda Valtappino, coraggiose perché ricalcano quella che è la storia del territorio, anche come possibile sviluppo delle aree marginali interne, vanno rispettate e giustamente comunicate, perché il vero contenuto della bottiglia, oltre al vino, è la storia da raccontare, fatta di uomini, passione, sacrifici e cultura, di cui la Cantina Valtappino e il “Molise interno” ne sono pregni.
 
Sebastiano Di Maria