Quando
c’è stata la necessità di criticare certe scelte, dal dubbio valore
comunicativo e aggregante, non mi sono tirato indietro e ho cercato, nel limite
delle mie possibilità, di focalizzare i punti deboli di una cattiva opera
promozionale e di tracciare delle linee guida su come uscire da questa
situazione di sostanziale anonimato. Allo stesso modo, non mi tiro indietro
neanche in situazioni che, invece, danno visibilità e lustro a produttori che,
pur tra mille difficoltà, riescono ad ottenere dei risultati positivi. Mi
riferisco a quei produttori molisani che hanno ottenuto dei riconoscimenti per
i propri vini, in un periodo di piena bagarre di guide e resoconti delle
singole attività aziendali. Si tratta di un appuntamento immancabile, che tutti
aspettano con ansia, produttori e addetti al settore, ristoratori e buyers, un
vero e proprio ciclone che coinvolge tutto il sistema vino. Chi ha la fortuna
di essere annoverato tra le eccellenze del bel paese ha un’autostrada spianata,
per gli altri, aimè, il discorso è più complesso. In realtà, poiché i riconoscimenti
sono comunemente ad appannaggio delle stesse realtà e dei loro vini, si aspetta
quest’occasione soprattutto per evidenziare delle new entry o qualche segnale
che certifichi altre realtà produttive.
 
 
Oggi
voglio focalizzare l’attenzione, come poc’anzi anticipato, su una di quelle
guide “alternative”, ossia che non fanno parte di quel crocchio di giurie da
processo inquisitorio che, di fatto, decretano, per chi non è menzionato, una
bocciatura sonora delle proprie produzioni o della “filosofia” aziendale.  Personalmente non credo molto a queste classifiche,
in senso generale, spesso pilotate o comunque sotto la regia di qualcuno che
tende a tirare la volata di certi produttori o di certi consulenti. Una visione
diversa, per esempio, fuori da certi schemi, sono le “corone” assegnate dalla
guida “Vini buoni d’Italia”, l’unica guida di vini da vitigni autoctoni
italiani, pubblicata da Touring Club. E’ stata la prima guida a terminare, già da qualche mese, le
sue fatiche che, per nostra gioia, hanno portato alla ribalta anche dei
produttori molisani. Nella fattispecie sono stati premiati la Tintilia “Sator” 2009 dell’Azienda Agricola Cianfagna di Acquaviva Collecroce e il Molise rosso “Gironia” 2006 delle
Cantine Borgo di Colloredo di Campomarino, entrambi vini doc, insigniti della
Corona, il massimo riconoscimento per i vini top dell’eccellenza, e la Tintilia
“Rutilia” 2009 delle Cantine Salvatore di Ururi a rappresentare il Molise con
la “Golden Star”, altro riconoscimento per i vini che hanno espresso eleganza
finezza, equilibrio, qualità e precisa espressione del varietale e del
territorio. I vini da vitigni autoctoni saranno di scena da venerdì 9 novembre a lunedì 12 novembre al “Merano international wine festival“.
 
 

Questi sono risultati che fanno piacere e danno
sicuramente linfa e lustro a una realtà da molti bistrattata, relegata ai
margini di un sistema produttivo di assoluto valore. Tempo fa leggevo un
articolo che parlava del futuro della vitivinicoltura del centro-sud Italia e,
tra i vari esperti, ricordo il contributo che diede alla discussione il Prof.
Attilio Scienza, un’autorità internazionale del campo. Secondo l’illustre
accademico, nei prossimi anni ci sarà una vera e propria inversione di
tendenza, con il sud a uscire in maniera prepotente, segnali che già stanno
dando in maniera inequivocabile Sicilia, Puglia e Campania, anche loro alle
prese con una pericolosa contrazione delle superfici vitate negli ultimi anni, ma
dove stanno aumentando gli investimenti dei grandi gruppi imprenditoriali del
vino. Come si colloca la nostra realtà? I numeri non sono paragonabili, è vero,
ma di certo non mancano le altre prerogative e le peculiarità, che non bisogna
rovinare con strategie di comunicazione e organizzazione commerciale sbagliate,
cercando, in primis, di radicare la cultura del vino nel territorio, cosa che
ci pone, aimè, in questo momento, nel medioevo enologico.

 
Sebastiano Di Maria