La viticoltura molisana, pur risalente a origine preromana, non ha mai avuto un ruolo fondamentale nell’economia della regione, sia per motivi storici sia economici. A metà degli anni 50 del secolo scorso, dopo la riforma fondiaria, ci fu un vero e proprio abbandono della coltivazione della vite nelle zone interne, dove la Tintilia aveva il suo habitat naturale, per una riconversione alla coltivazione di cereali ed oleaginose. Nel frattempo la viticoltura si spostò sulle colline della bassa valle del Biferno, dove si diffuse l’allevamento a tendone, esportato dal vicino Abruzzo da agricoltori che si trasferirono nella nostra regione nel corso dei decenni. Naturalmente questo portò a produzioni quantitative che ben si sposavano con le tendenze di mercato del momento.
Impluvium con tralci, pampini e grappoli Domus ellenistica – Larino |
Nell’ultimo decennio, però, si è avuta una vera e propria metamorfosi della realtà produttiva, imputabile soprattutto alla riscoperta o rivalutazione del vitigno autoctono della regione, la Tintilia appunto, fino allora confuso con il Bovale Grande di cui era sinonimo nell’Albo Nazionale dei Vitigni. Sono aumentate le aziende trasformatrici, come gli impianti di nuovi vigneti e la parziale riconversione in forme di allevamento più consone a prodotti di qualità, dal tendone al filare. Naturalmente c’è anche un rovescio della medaglia: l’estirpazione di molti impianti poco produttivi, frutto sia della politica scellerata e poco trasparente di realtà cooperativistiche da una parte, sia del contributo comunitario per l’abbandono della coltivazione, deciso in ambito delle OCM, dall’altra. Riporto di seguito alcuni dati statistici, estratti dal sito “I numeri del vino”, cui consiglio di dare sempre un’occhiata, che fotografano la realtà regionale.
Fonte: I numeri del vino (Marco Baccaglio blog) |
Da questo primo specchietto si evince che c’è stata una contrazione nella produzione di vino che, se considerata nel breve termine (biennio 2009/2010), è sostanziale, ossia pari al 15% e con una media annuale dal 2006 pari al 7,8% contro l’1,5% (calo) della media nazionale (dato non riportato). Nella seconda parte della tabella troviamo l’andamento delle superfici vitate: ancora una volta i dati parlano di una contrazione con una media annuale pari al 5,9%. Al 2010 in provincia di Campobasso sono coltivati a vigneto 5280 ettari contro gli appena 594 in provincia di Isernia (dati ISTAT).
Fonte: I numeri del vino (Marco Baccaglio blog) |
Qui invece troviamo il valore ai prezzi di origine (milioni di €) sia del comparto viticolo che enologico regionale rispetto alla media nazionale, con il solito rapporto nel breve e nel lungo periodo. Considerando l’aspetto viticolo in Molise, c’è stato sì un calo nel lungo periodo pari al 4%, ma un confortante + 4,3% del valore nel biennio 2009/2010 cui è corrisposto un incremento importante nella produzione di vino in valore pari al 7,6% nell’ultimo quinquennio. Questo dato conferma quanto già detto nell’introduzione: a fronte di un’importante diminuzione in termini di superfici vitate, oltre che in termini di volume, è corrisposto un incremento del valore del vino prodotto, dato dall’aumento delle aziende produttrici di vino imbottigliato che ha portato, come conseguenza, a un aumento del valore dell’intero comparto. Anche il valore del vigneto è aumentato, tenendo conto solo dell’ultimo biennio. Se questi dati sono poi confrontati con la media nazionale, c’è da essere più che soddisfatti: nel comparto viticolo cresciamo, come valore medio, di più rispetto alla media nazionale. Dato addirittura in controtendenza è la crescita del valore del vino prodotto rispetto a una contrazione sostanziale a livello nazionale. In parole povere, avviene ciò di cui avevo parlato nel post precedente: una crescita dell’intero comparto che è confermata per molte regioni del centro sud, tra cui il Molise, contro un ristagno o a volte anche contrazione del comparto nelle regioni settentrionali. Naturalmente trattasi in questo caso di volumi importanti che incidono in maniera decisa nella media nazionale.
Fonte: I numeri del vino (Marco Baccaglio blog) |
In questo specchietto, invece, troviamo la quantità di vino prodotto (ettolitri) per le diverse denominazioni (dati FEDERDOC). La contrazione maggiore si è avuta per la DOC Molise tra il 2008 e il 2009, mentre continua a esserci un solo produttore iscritto alla DOC Pentro d’Isernia, caso più unico che raro. Naturalmente manca da quest’analisi la Tintilia del Molise, riconosciuta con la DOC nel Giugno del 2011 dal “Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine”.
Si tratta di numeri piccoli quelli del Molise, ma che rispecchiano una vera e propria inversione di tendenza nella produzione nazionale. Mentre gli altri stentano a muoversi, avendo già sparato tutte le cartucce, noi corriamo, anche se siamo ancora molto distanti dalla meta. Cominciamo con la sensibilizzazione già in casa nostra, dove non c’è una cultura enoica radicata dimostrata, peraltro, dai bassi consumi rispetto ad altre realtà. Infine puntare tutto su una strategia promozionale comune, visti i numeri, e non pensare che alcune fredde tabelle sparse lungo le vie della regione o un consorzio presente solo sulla carta possano risolvere i nostri problemi.
Sebastiano Di Maria
In fatto di strategie di marketing del vino mi sà che è tutta l'Italia che sbaglia approccio, mi riferisco ai mercati internazionali dove arriviamo sempre dopo. Con quei numeri, il Molise non può aspirare a chissà quale ribalta. Sono d'accordo con te sulla qualità e sulla voglia di emergere, ma come?
Eh, bella domanda. Se avessi la ricetta farei un altro lavoro, chissà? Ti posso solo dire come la penso o come, a mio avviso, si possa procedere. In primis, bisogna radicare la cultura del vino nella propria realtà. Da "viticoltore" e enoappassionato ti dico che siamo indietro rispetto ad altre realtà, la vitivinicoltura non è mai stato un settore importante da un punto di vista economico nella nostra regione. Passi avanti sono stati fatti, grazie all'aumento dei produttori di vino imbottigliato, alla riscopeta della tintilia, ad attività collaterali proposte da enti locali e proloco. Ma molto c'è ancora da fare, magari legando l'aspetto promozionale del vino con quello del territorio, altro punto di forza che noi sottovalutiamo e che altri valorizzano al meglio. Penso a prodotti della cucina tradizionale, ad una storia ricca di tradizioni, all'immenso patrimonio olivicolo e all'eccelenza degli oli extravergini, alla montagna con piste di sci alpino e di fondo fino al mare con la sua cucina tradizionale. Insomma, di materiale su cui lavorare ce n'è in abbondanza. Se non siamo convinti noi per primi, come possiamo convincere gli altri? Il passo successivo è far toccare con mano la realtà, cosa che già qualche pioniere stà facendo con buoni risultati, ma non basta, ci vuole sinergia e comunità d'intenti.