Il percorso formativo della “Scuola del gusto”, con il progetto “Un Molise Extra-Ordinario”, è entrato nel vivo del suo sviluppo, attraverso l’articolazione del primo modulo che vede l’olivicoltura, e tutte le problematiche relative, al centro dell’attenzione dei numerosi iscritti al corso. Dopo la prima lezione sugli aspetti generali del settore olivicolo, dalla propagazione all’impianto, passando per la gestione del suolo e delle fitopatie, fino alla raccolta, curata dal Prof. Panfilo D’Ercole, docente di Coltivazioni Arboree presso l’Istituto Agrario di Larino, è stata la volta del dott. Maurizio Corbo dell’ufficio olivicolo dell’Arsiam di Larino, uno dei massimi esperti di olivicoltura e olio in Molise. Dopo una prima lezione sull’olivicoltura in Molise, sulle caratteristiche delle 18 cultivar autoctone, sui relativi oli monovarietali come risposta alla globalizzazione e alla diffusione degli oliveti super-intensivi, seguirà una lezione pratica, presso l’azienda dell’Istituto Agrario di Larino, dove c’è l’unico campo catalogo delle varietà autoctone della Regione Molise, sulla gestione della chioma attraverso i principi della potatura a vaso policonico, di cui parleremo prossimamente. 
Maurizio Corbo durante la lezione al corso “Un Molise Extra-Ordinario”
La folta platea di corsisti, attenti e partecipi
Il funzionario dell’Arsiam ha innanzitutto fatto un excursus su com’è stata ottenuta la DOP Molise, che prevede l’utilizzo per almeno l’80% di olive di cultivar Aurina (o Licinia), Gentile di Larino, Oliva nera di Colletorto e Leccino e per il restante 20% da olive delle varietà autoctone Paesana bianca, Sperone di gallo, Olivastro e Rosciola, e sulle difficoltà di dimostrare, vista l’estensione su tutto il territorio regionale, delle caratteristiche pedologiche e climatiche omogenee, figlia anche di scelte politiche sbagliate, che ancora oggi pesano, come l’inesistenza di un Consorzio di tutela, indispensabile per una promozione efficace e non autoreferenziale. Una delle campagne di sensibilizzazione promosse dall’Arsiam, che è anche la più riuscita e che meglio avvicina il consumatore sulle qualità organolettiche dell’evo – l’extravergine d’oliva – è lo slogan “Amaro e piccante”, proprio a richiamare quelle che sono le due caratteristiche fondamentali che un extravergine deve possedere, che fanno riferimento alle caratteristiche del frutto, la drupa, essendo l’olio, un prodotto di estrazione e non di trasformazione. Per tale motivo, la valutazione qualitativa e merceologica va fatta proprio assaggiando l’olio, che è l’espressione del frutto, ossia amaro e piccante, cosa che purtroppo, a detta dello stesso Corbo, è sconosciuta a molti. 
Campagna di sensibilizzazione dell’Arsiam 
L’attività dell’Arsiam nel campo olivicolo, ha portato al recupero di materiale propagativo che, attraverso studi genetici, ha permesso di selezionare, nell’ambito del territorio regionale, ben 18 cultivar. La propagazione dello stesso, poi, non è stata di facile attuazione viste le difficoltà di attecchimento, dopo che sono stati provati diversi sistemi, dalla talea alla nebulizzazione, fino al successo dell’innesto ad opera dal CNR di Perugia, che ha permesso di costituire un campo catalogo delle varietà autoctone, impiantato attualmente presso l’azienda dell’Istituto Agrario di Larino, che sarà il centro di sperimentazione olivicola regionale. Questo è il germoplasma olivicolo presente nel campo catalogo: Aurina di Venafro, Cazzarella, Cellina di Rotello, Cerasa di Montenero, Gentile di Larino, Oliva Nera di Colletorto, Oliva di San Pardo, Olivastro di Montenero, Olivastro d’Aprile, Olivastro dritto, Olivetta nera, Paesana bianca, Paesana nera, Rosciola di Rotello, Rossuola, Rumignana, Salegna di Larino e Sperone di gallo. Delle cultivar e delle loro caratteristiche più importanti parleremo in un prossimo articolo.
Diffusione sul territorio regionale delle diverse cultivar (Fonte: Provincia di Campobasso Blog)
Le 18 cultivar autoctone molisane (Fonte: Provincia di Campobasso Blog)
Altro aspetto su qui si è soffermato il relatore, è la proliferazione degli impianti super-intensivi che, oltre a mettere a rischio il patrimonio olivicolo e paesaggistico con la diffusione di due sole varietà spagnole, l’Arbequina e l’Arbosana, che meglio si adattano a impianti di ridotte dimensioni, in modo da poter essere raccolti meccanicamente con scavallatrici-vendemmiatrici, produrranno una grande quantità di olio, di bassa qualità, a un costo bassissimo (3-4 euro è il costo a quintale per il super-intensivo contro i 30-40 euro di quello tradizionale). Queste varietà, infatti, in base al sistema di coltivazione, con potature meccaniche non razionali, perché non rispettano quella che è la fisiologia e le esigenze dell’olivo, una pianta eliofila che fa della luce la sua ragione di vita, si ritrova a produrre in condizioni precarie d’ombreggiamento e di sviluppo della chioma, tant’è vero che la sua vita produttiva si arresta dopo circa 15-20 anni, rendendo necessario un nuovo impianto, quando tutti sappiamo che l’olivo è una pianta secolare proprio perché beneficia del sole e della sua capacità di autogestirsi eliminando nel mese di settembre, con una cascola, i frutti che non riuscirebbe a portare a maturazione. Questo sistema di coltivazione, ormai diffusissimo in Spagna e in espansione anche nel nostro Paese, oltre a dare oli con basso contenuto in polifenoli, quelli responsabili delle caratteristiche qualitative dell’extravergine, anche come effetto dell’ombreggiamento, porterà alla “morte” dello stesso super-intensivo, secondo lo stesso Corbo, poiché l’Italia non sarà mai concorrenziale con la Spagna. Già ci sono prime avvisaglie in tal senso.
Scorcio di paesaggio olivicolo a Larino (sinistra) e oliveto super-intensivo (destra)
Il futuro del nostro territorio, della nostra storia, passa anche attraverso la gestione del nostro importante patrimonio olivicolo secolare, che è il nostro paesaggio predominante, attraverso una corretta opera promozionale, possibilmente sotto una guida unica, che potrebbe essere un Consorzio di tutela che unisca tutti i produttori, che permetta di dare una giusta retribuzione a tantissimi olivicoltori che, con fatica, sacrifici e, spesso, senza remunerazione adeguata, preservano il nostro paesaggio. Le multinazionali, anche quelle dell’olio, perché tali sono, stanno imponendo un sistema che è fallimentare e distruttivo in partenza, noi in Molise ne sappiamo qualcosa con l’obbrobrio “Gran Manze” che ritorna prepotentemente dopo il finanziamento Cipe. La difesa del nostro territorio, del nostro paesaggio olivicolo, delle nostre produzioni di qualità, che sono le nostre uniche ricchezze, è un dovere morale per tutti, soprattutto per chi governa questa Regione. Un grazie a Maurizio Corbo e all’Arsiam, che ritroveremo ancora durante il corso, per la loro opera di sensibilizzazione e impegno nella difesa e tutela del nostro prodotto principe, il filo della qualità, l’extra della salute e della prevenzione.
Scuola del gusto
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