Tappa della seconda visita aziendale, per i corsisti di “Un Molise Extra-Ordinario“, è stata la Cooperativa Olearia Larinese, azienda storica del territorio, nata nel 1969 e attualmente guidata da Alessandro Patuto, situata nel cuore della vecchia “Frentania”, di cui Larino ne era capitale, e patria di una delle cultivar più apprezzate e più diffuse sul territorio regionale, quella “Gentile di Larino” tanto cara anche ai romani, che oggi rappresenta uno dei punti di forza della DOP Molise. Tre ore di confronto sugli sforzi, sui risultati raggiunti ma anche sulle difficoltà di fare cooperazione, che invece potrebbe essere uno dei punti di forza per dare slancio al comparto, oltre alle criticità proprie del settore, come una burocrazia ossessiva, o la perdita di produzione, figlia dell’abbandono di molti oliveti in seguito alla massiccia emigrazione dei giovani degli ultimi decenni, con mancanza d’imprenditorialità e aziende, ormai, al limite del collasso. Anche Patuto ha tenuto a precisare che, corsi come quello della “Scuola del gusto”, sono strumenti importanti per portare cultura e professionalità, che si possono tradurre, applicati sul campo, in riduzione dei costi di produzione e creare reddito per aziende ormai allo stato di abbandono.
Veduta dell’Oleificio Cooperativo a Larino |
L’azienda, che attualmente consta di 70 soci, con un patrimonio di oliveti 70.000 piante distribuite su una superficie di 400 ettari, rappresenta un modello di gestione votata alla qualità, grazie anche al sistema della Rintracciabilità di filiera secondo la norma ISO 22005/2008, con cui è possibile avere tracciate quelle che tutte le fasi di lavorazione, dall’oliveto di provenienza, passando per lavorazione, fino all’imbottigliamento, in modo di conoscere, attraverso la bottiglia, il suo prezioso contenuto e la sua storia produttiva. Un importante sviluppo a tutela del consumatore, che, attraverso un QR code sugli imbottigliamenti della prossima campagna olearia, sarà possibile, come affermato dallo stesso Patuto, attraverso delle applicazioni per smartphone, conoscere la storia dell’olio, dall’olivo alla bottiglia, ma anche tutte le curiosità che riguardano l’azienda e tutti gli attori di filiera. Il primo passo fatto per raggiungere tale obiettivo, è stato la creazione di un disciplinare interno per la qualità delle olive in ingresso, grazie ad una consulenza continua sulla gestione agronomica degli oliveti, sulla scelta del momento migliore per la raccolta, in modo da poter selezionare il prodotto e classificare gli oli in base alle caratteristiche qualitative.
Alessandro Patuto |
Un momento della degustazione di oli |
Il 40-50% della produzione aziendale è venduto sfuso e al dettaglio, il resto, invece, confezionato in diversi formati, di cui il 50% in Italia e la restante parte nel mercato internazionale. Lo stesso Presidente, poi, ha rilevato, con rammarico, che partite di olio destinate al mercato estero, e in particolare negli Stati Uniti, sono sempre più frequentemente bloccate per settimane nelle dogane, con tutti gli inconvenienti del caso, soprattutto sulla gestione della qualità dell’olio che potrebbe essere irrimediabilmente compromessa, tutto ciò in seguito alla denuncia, dello scorso anno, dello scrittore Tom Mueller con il suo libro “Extraverginità – Il sublime e scandaloso mondo dell’olio d’oliva”, ripreso come spunto, qualche mese fa, dal New York Times, con delle vignette anti extravergine italiano, che tanto scalpore ha suscitato. Qui il discorso è molto più complesso e coinvolgerebbe le “industrie” dell’olio nostrane (Bertolli, Carapelli e Sasso), che d’italiano hanno ben poco, visto che sono in mano alla multinazionale spagnola Deoleo, in questi giorni oggetto di un’OPA (offerta pubblica d’acquisto), tra cui figura anche un gruppo italiano.
Due dei monovarietali degustati, “Rosciola di Rotello” e “Gentile di Larino” |
Purtroppo, nella GDO (grande distribuzione organizzata), la quantità di olio in bottiglia venduto è ancora, per la stragrande maggioranza, ad appannaggio di queste aziende, dato che lo stesso Patuto ha quantificato, indicativamente, in un mortificante rapporto di 1:4000. Naturalmente, questo dato, non è solo figlio di una mancanza di cultura che fa orientare il consumatore, nella complessa scelta tra gli scaffali, su oli di dubbia qualità, ma soprattutto su una tangibile difficoltà nell’acquisto, non a caso, pone l’accento lo stesso Patuto, sono aumentate le vendite di confezioni di olio da 2 o 3 litri, mai utilizzate in passato, e l’acquisto è fatto in base alla necessità, ossia non si fanno più le scorte come accadeva una volta. Il mercato e la promozione, sono senza dubbio aspetti che presuppongono investimenti e competenze importanti, non improvvisazioni, ma soprattutto sinergie tra produttori, quelle che latitano, sia per la mancanza di un Consorzio di tutela della DOP, anche se altri esempi presenti sul territorio sono tutt’altro che simboli di lungimiranza, che garantirebbero una massa critica e un’immagine univoca di tutto il territorio regionale, sotto un unico marchio. Vale la pena se l’80-90% della DOP in Molise è prodotta da solo tre realtà produttive, tra cui la Cooperativa Olearia di Larino, tutte situate nel basso Molise? Perché, vista la necessità di creare, pur tra mille difficoltà, un’unica denominazione su ampio territorio eterogeneo, non si è pensato a creare delle sotto-zone, in modo da avvantaggiare le peculiarità presenti? Purtroppo, ci sono delle difficoltà oggettive di vendita, soprattutto per la DOP, anche per i motivi succitati, non a caso molti produttori stanno puntando sui mono varietali, maggiormente espressione del territorio, e sul biologico, visto dai più, purtroppo, come una concreta opportunità offerta dal mercato, che una reale esigenza di tutela del territorio.
Scuola del gusto
scuoladelgustolarino@gmail.com
Leave A Comment