Uno dei temi più caldi del settore vitivinicolo, di cui ho già avuto modo di parlare in questo post lo scorso anno, stando alle ultime notizie, sembra prossimo alla conclusione. Mi riferisco alla liberalizzazione dei diritti d’impianto che, secondo l’ultima OCM (Ex Regolamento CE n. 479/2008 del 29 aprile 2008, traslato nel Reg. CE n. 1234/07), ne determina, di fatto, la scomparsa entro il 31 dicembre 2015 (salvo facoltà degli Stati membri di prolungarlo al loro interno fino a tutto il 2018). Come già avevo anticipato nel post in questione, negli ultimi mesi c’è stata una vera e propria battaglia da parte di quei paesi che ritengono questa deregulation sbagliata, soprattutto per gli effetti della stessa che, stando alle ragioni dei 14 stati membri UE oppositori, porterebbe ad aumento sproporzionato dell’offerta e, come conseguenza, a un crollo dei prezzi.
E’ notizia di questi giorni che il Commissario europeo all’Agricoltura, Dacian Ciolos, che sosteneva la liberalizzazione degli stessi, ha preso atto delle conclusioni del gruppo di alto livello (Hight Level Group), formato da tecnici dei vari ministeri dei vari paesi e rappresentanti di filiera, che confermano la necessità, per il settore vitivinicolo, di un sistema di gestione e controllo della produzione. In sostanza, si tratta di un vero e proprio dietrofront, che conferma il blocco degli impianti attraverso un sistema basato su autorizzazioni che faranno parte di un pacchetto definito di anno in anno a livello comunitario, di cui ogni stato membro, per quanto di competenza, sarà responsabile, di concerto con le amministrazioni locali, le organizzazioni professionali e dei produttori. Altro aspetto importante, che rappresenta una novità rispetto alle previsioni, è la trasversalità del provvedimento, ossia varrà per tutte le categorie di vino, dalle DOP alle IGT. Un altro aspetto tecnico della proposta è il saldo del vigneto, che rispetto a quello vigente, può essere positivo, ossia si può impiantare più di quanto si sia estirpato, attraverso una “clausola di salvaguardia”, che si deciderà in ambito comunitario, ossia una sorta di quota rispetto al totale vitato europeo, concesse gratuitamente al viticoltore e con un periodo di vita di tre anni. La proposta, adesso al vaglio del Consiglio di ministri UE, è stata accolta con soddisfazione dal Ministro delle politiche agricole, Mario Catania, che sottolinea i passi in avanti fatti rispetto alla proposta iniziale e come tale provvedimento sarà parte integrante nella riforma della PAC (Politica agricola comune).
Il Corriere vinicolo, in merito, ha lanciato un allarme, ossia la perdita, dopo l’entrata in vigore delle autorizzazioni, del valore dei diritti di reimpianto. Secondo l’autorevole settimanale, questi diritti, che sono iscritti a bilancio alla voce immobilizzazioni materiali e rappresentano, quindi, un valore patrimoniale per l’azienda che si aggiunge a quello fondiario, potrebbero diventare carta straccia. Nel caso di cessazione dell’attività di un produttore, con il sistema delle autorizzazioni, non esisterebbero più diritti di reimpianto, che verrebbero, di fatto, cancellati e lo stesso si troverebbe costretto a vendere i terreni senza la rispettiva quota: “le viti senza terra non portano nessun diritto e quindi non possono essere vendute su carta”. Il fatto che la Francia già adotta un sistema del genere è solo un caso?
Sebastiano Di Maria
molisewineblog@gmail.com
Leave A Comment