Oggi il granato è brillante ma dichiarato. Ne intuisco l’evoluzione, eppure quel fondo compatto, di un suo ardore persino rubino, ispira fiducia. Sì, i profumi sono quelli di cui avevo bisogno, quelli nei quali perdermi senza troppo pensare: “old fashioned”, austeri, signorili, “classici”, compunti, con il soffio etereo in prima linea e l’intrico di fogliame, bacca selvatica, humus, eucalipto e ciliegia macerata di corredo, con quest’ultima a regalare un gentile timbro surmaturo al frutto senza per questo sfociare nell’affaticamento aromatico. Chiede aria quel naso, lo senti, per adagiarsi più disteso sulle note di viola e terriccio. Ed è proprio in quel momento che mi piega ai suoi voleri, perché resistergli oramai mi appare come una forzatura dello spirito.
In bocca possiede rigore aulico (“monastico”, mi direbbe il grande Fabio Rizzari) e dignità conclamata, giocata sui “canoni canonici” della tradizione brunellesca. Fresco, scattante, finanche sottile nella trama tannica, assume un portamento flemmatico e asciutto, di una eleganza introversa, mantenendo una coerenza ed un garbo espositivo da non lasciare indifferenti. Non un’ombra di forzatura nei paraggi, solo il conforto di una mano pura e di un calore buono. Nel finale non si risparmia un certo irrigidimento nei tratti e nella diffusione, ma se gli allunghi non sono perentori stai pur certo della bella compagnia, perché nell’intimità di un eloquio non urlato potrai cogliervi la voce consolatrice della terra rispettata, trasposta in un bicchiere verace e senza fronzoli, fiero ed orgoglioso, capace di restituire per intero il senso tutto della misura, della naturalezza espressiva e dell’appartenenza.
Balanço – More (1999)
NB Per una lettura migliore della scheda si consiglia questo brano come sottofondo
Voglio fare una piccola precisazione. In questa rubrica non si dicutono le qualità di un vino, per carità, e per correttezza riporto la fonte. Piuttosto si giudica il degustatore, forse troppo pieno di se stesso, che con un linguaggio, spesso, ai più incomprensibile, vuole ergersi a unico possessore del sapere. L'audio di sottofondo, per chi usa explorer, fà da corollario alla lettura della scheda. E' chiaro che fà riferimento al sommelier Albanese nelle sue parodie.
Insomma, facciamoci una bella risata.
Spiegazione dovuta, soprattutto per chi non è addentro al sistema.
Mi è stato chiesto, giustamente, come la pensassi su queste degustazioni al limite tra il serio e il faceto. Nel commento precedente, infatti, non ho nascosto il mio disappunto su tali disamine. Anticipo che ho avuto modo di frequentare, in passato, corsi di degustazione tenuti da professionisti e mai mi sarei sognato di trovarmi di fronte a tali farneticazioni o spettacolarizzazioni tipiche da piccolo schermo, da aule parlamentari o da salotti intellettuali. Io credo, a mio modesto avviso, che si sia perso il contatto con la realtà. Questo fronte “eno-solonico” non è altro che lo specchio del paese, da un punto di vista vitivinicolo, rappresentato da giornalisti sommelier che possono disporre delle sorti di un vino o di un’azienda, più o meno compiacente a volte, veri obiettivi di campagne denigratorie altre, senza una conoscenza approfondita di tutto quello che c’è alla base del vino, ossia la vigna, l’uva e il produttore. Forse la formazione o il fatto di vivere quotidianamente tale realtà, mi portano a essere più pragmatico e dico che il vino è una cosa più semplice, ricca di esperienze, di sogni, di passioni, di sacrifici, da raccontare con semplicità, anche con l’ausilio di chi ha esperienza di degustazioni, di sommelier più professionali che professionisti, che avvicinino il consumatore alla terra, alla vigna e alla cantina.
Nel prossimo appuntamento della rubrica ci sarà una degustazione che lascerà senza fiato 😀