Anche il Molise, una delle più piccole realtà vitivinicole del panorama nazionale con appena 5900 ha di superficie vitata (dati Istat 2010), si è proposta alla ribalta del mercato nazionale e non attraverso una nuova identità acquisita con l’individuazione di un proprio vitigno autoctono, intimamente legato al prorio territorio e alle tradizioni storico-culturali, il Tintilia.
Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire come il Tintilia sia passato dall’anonimato o, ad essere più precisi, dall’essere identificato come sinonimo di Bovale sardo e Bovale grande (gruppo delle tintorie) secondo il Registro Nazionale dei Vitigni, fino a pochi anni or sono, per arrivare al disciplinare DOC “Tintilia del Molise”, contenuto nella Gazzetta Ufficiale n.139 del 17 giugno 2011 e approvata con il decreto ministeriale del 1° giugno 2011.
Mosaico di una Domus rinvenuta a Larino con tralci di vite, grappoli e pampini |
Per quanto riguarda le origini, l’ipotesi più accreditata fino a pochi anni fa, era quella che attribuiva al vitigno genesi spagnole, introdotto nel Contado di Molise alla fine del ‘700, durante il dominio borbonico. A supporto di questa teoria, nei primi anni di studio e ricerche in tal senso, ci si basò sull’etimologia della parola tintilia in quanto, in spagnolo, l’aggettivo “tinto” significa rosso, caratteristico di vini ricchi di colore presenti nella parte interna e più elevata della Spagna in quel periodo. Solo qualche anno fa, grazie al lavoro instancabile di Michele Tanno, agronomo e vero motore della riscoperta di tale vitigno, è stato rinvenuto un manoscritto risalente al 1810, dove viene menzionata la vite Tintiglia, con il suo nome originario. Si tratta di una memoria di Raffaele Pepe, agronomo di Civitacampomarano e fratello di Gabriele, patriota risorgimentale, che in un rapporto sulla situazione ampelografica e di specie botaniche presenti nella nuova provincia di Molise e sulla necessità del miglioramento dell’assortimento varietale, chiese di avere delle “marze forastiere” della vite “Le Tenturier d’Espagne = Tintiglia”. Il motivo dell’introduzione di tale vitigno, sempre secondo tale manoscritto, era necessaria soprattutto nelle zone interne della regione per dare struttura e colore a vini che ne mancavano, tipici di quell’epoca. Testimonianze in tal proposito si hanno dalla Casa Vinicola Janigro di Montagano che, oltre al tradizionale Moscato, imbottigliava un vino Sannio Rosso a base di Tintiglia. Proprio questo vino, prodotto nel 1890, fu premiato con la medaglia d’oro alla mostra vinicola di Parigi del 1900.
Il Tintilia ebbe una crescita decisa, soprattutto nelle aree interne della regione, fino a quando non fù necessario “ricostruire” i vigneti dopo l’infestazione filloserica di fine ‘800 che comportò, oltre ad una drastica diminuzione della superficie vitata “regionale”, passando dai 20.000 Ha di inizio secolo a 8.900 degli anni ’50, il reimpianto di nuovi vigneti e l’utilizzo di nuove varietà.
Il declino definitivo del vitigno ha origine dalla metà del secolo scorso. Dopo la riforma fondiaria, infatti, ci fu un vero e proprio abbandono della coltivazione della vite nelle zone interne, dove il Tintilia aveva il suo habitat naturale, per una riconversione alla coltivazione di cereali ed oleaginose. Nel frattempo la viticoltura si spostò sulle colline della bassa valle del Biferno, dove si diffuse l’allevamento a tendone, esportato dal vicino Abruzzo da agricoltori che si trasferirono nella nostra regione nel corso dei decenni. Naturalmente questo portò a produzioni quantitative che ben si adattavano con le tendenze di mercato del momento, sposate anche dalla politica vitivinicola regionale che ne incentivò l’espansione.
Grappolo di Tintilia |
Grappolo di Bovale grande |
Con la necessità di dare nuova linfa al mercato dopo lo scandalo del vino al metanolo e dall’esigenza di dare un’identità enologica alla regione, grazie all’impegno di una manciata di uomini illuminati, è stato possibile, grazie allo studio di parti del DNA (microsatelliti) del poco materiale vegetale a disposizione, la distinzione genetica del vitigno Tintilia dal Bovale grande e Bovale sardo, l’ultimo passo per poterlo iscrivere come nuova varietà nel Registro Internazionale dei vitigni coltivati. Il 18 Maggio del 1998 è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata “Molise” o “del Molise”, che si è andata ad affiancare a quella storica “Biferno”, nel cui disciplinare compariva anche la denominazione Tintilia, riservata al vino ottenuto dalle uve del suddeto vitigno per almeno l’85%. In realtà, questo è stato il primo passo verso il riconoscimento della DOC “Tintilia del Molise” avvenuto, come già anticipato, dopo parere favorevole del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni, con D.M. del 1° giugno 2011. Del disciplinare e delle relative problematiche ne parleremo nel prossimo capitolo.
Sebastiano Di Maria
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