Antonio Albanese, nella famosa parodia sul ruolo del sommelier |
La prima lezione sulla degustazione è stata tenuta dal sommelier Gabriele Di Blasio, dell’associazione italiana sommelier (AIS), e presidente del Movimento Turismo del Vino in Molise, che ha descritto in maniera dettagliata quella che è la terminologia e l’approccio corretto per una degustazione professionale, facendo riferimento ai diversi aspetti riguardanti l’utilizzo dei sensi nella tecnica e cercando di mettere a fuoco quelli più importanti. I vini in degustazione, rigorosamente alla cieca per non influenzare in alcun misura il giudizio dei corsisti, sono stati rispettivamente il Ricupo 2009 di Angelo D’Uva, un Montepulciano in purezza, il Gironia 2011 rosato delle cantine Borgo di Colloredo, un blend di Montepulciano e Aglianico e, per finire, una Falanghina 2011 di Di Majo Norante. All’approccio degustativo è seguito l’abbinamento a due prodotti tipici regionali, la soppressata e il caciocavallo. L’amico Pasquale Di Lena, grande conoscitore del mondo del vino e della relativa cultura, presente all’incontro, ha scritto:
Il vino, che io considero da sempre una spremuta di cultura prima ancora che una bevanda alimento, è parte di un mondo complesso con diversi protagonisti e testimone dei territori più belli e più ricchi di storia e di tradizioni. Conoscerlo e riconoscerlo vuol dire riportare alla memoria ambienti e personaggi, dialoghi e convivialità, dare spazio alle emozioni che i suoi caratteri organolettici sprigionano con la degustazione.
Il relatore, secondo lo scrittore ed esperto di enogastronomia,
ha saputo spiegare nei particolari questi caratteri dando a ognuno stimoli per approfondire la conoscenza del vino e vivere con esso un rapporto, un dialogo che apre alla sobrietà e alla moderazione,
che poi rappresenta, quest’ultimo, uno degli obiettivi del corso, che sarà curato in dettaglio in una delle lezioni.
Gabriele Di Blasio durante la lezione |
Il secondo appuntamento, invece, è stato curato da Rudy Rinaldi e Celeste Di Lizio, pluripremiati membri dell’associazione della sommellerie professionale italiana (ASPI), che hanno messo a fuoco alcuni dettagli del servizio, come la decantazione e l’approccio degustativo di vini, individuando le classi di famiglie di odori più importanti e l’associazione alle diverse tipologie di vino, ponendo l’accento sugli atteggiamenti e sulle rinunce che un abile degustatore deve assumere per una valutazione più oggettiva possibile. Si tratta di una professionalità, come hanno affermato gli stessi, che fatta con passione e dedizione può aprire importanti scenari lavorativi, sia nella ristorazione sia in quello della comunicazione e della consulenza aziendale. Pasquale Di Lena, ancora una volta, ha colto gli aspetti salienti della lezione, definendo il vino
un mondo ricco di misteri che si raccolgono nella luce che si riflette nel bicchiere, nel profumo e nel sapore
una vera e propria arte che ha bisogno della memoria e di allenamento per potersi esprimere al massimo oltre che di cultura, per andare alla scoperta dell’origine del vino e dare al vino il compito che a esso maggiormente spetta che è quello di dare ordine alla sequenza dei piatti per legare insieme, così, esaltare, i diversi sapori.
Infatti, al termine della lezione, sono state servite alcune pietanze ai corsisti e gli stessi si sono cimentati, in base alle direttive dei docenti, con l’abbinamento dei vini in degustazione, nella fattispecie un Gironia 2006 rosso Biferno della cantina Borgo di Colloredo, un blend di Montepulciano e Aglianico affinato 24 mesi in botti di rovere e barrique, una Falanghina Keres 2011 di Angelo D’Uva e, per finire, un passito da moscato reale, l’Apianae di Di Majo Norante, uno dei simboli dell’enologia regionale.
Celeste Di Lizio e Rudy Rinaldi durante la lezione |
L’ultimo approccio degustativo, condotto in maniera esemplare da un punto di vista tecnico, perché ha evidenziato il filo conduttore che lega il terroir alla tipologia di vino, nella fattispecie la Tintilia, è stato svolto dal dott. Pierluigi Cocchini, funzionario dell’ufficio vitivinicolo dell’Arsiam, e docente Slow Food e uno dei curatori della relativa guida, che come tecnico di provata esperienza e consulente aziendale, ha tracciato le linee guida che sono alla base di un grande vino. Non contano gli affinamenti in legno o in acciaio, né tantomeno le filosofie produttive, siano esse naturalistiche o convenzionali, biologiche o biodinamiche, con lieviti spontanei o selezionati, ma è indispensabile, secondo il professionista, che il vino sia legato al territorio, che sia anche scontroso o spigoloso, purché privo di difetti oggettivi, ma che rifletta quello che è il vitigno e il relativo terroir, fatto di qualità in vigna e intromissione minima in cantina. Spesso, sempre secondo Cocchini, di cui condivido in pieno alcuni concetti, già espressi più volte nel blog, si fanno vini per il mercato, piacevoli e beverini, utilizzando il meglio della tecnologia enologica, dimenticandosi spesso le peculiarità che solo un territorio può offrire, andandosi a impelagare in un mare di vini tutti uguali.
Pierluigi Cocchini durante la degustazione |
Dopo aver descritto le sue esperienze professionali, si è passati alla degustazione dei vini, dando libertà di giudizio e osservazione critica ai corsisti, arricchiti, per l’occasione, da Rudy Rinaldi, pluripremiato sommelier a livello nazionale già docente del corso, che ha vestito, per l’occasione, i panni di discente. In anteprima per la “Scuola del gusto”, è stata degustata una Falanghina 2012 di Terresacre, giovane e dinamica realtà produttiva di Montenero di Bisaccia, con uno dei vitigni più intimamente legati al territorio regionale da sempre. Di seguito, sono finiti sotto la lente d’ingrandimento tre vini ottenuti dal vitigno simbolo del rilancio del settore vitivinicolo regionale, rispettivamente una Tintilia 2008 delle Cantine Cipressi, azienda che per prima ha investito sull’autoctono, una Tintilia 2009 di Terresacre e, infine, una Tintilia 2010 Riserva di Di Majo Norante.
Tre Tintilia in degustazione, fornite dalle aziende sostenitrici della “Scuola del Gusto” |
La crescita di un territorio passa anche dalla viticoltura e dall’espressione che lo stesso ha sul vino, fatto di passione in vigna, frutto di esperienza e consapevolezza, che permetta di ottenere un prodotto di qualità che in cantina vada “violentato” meno possibile, cercando di assecondare quelle che sono le peculiarità del terroir. Indipendentemente dalla filosofia produttiva, bisogna essere in grado di individuare questi aspetti e di proporli in maniera forte come simbolo di un’identità territoriale, di un Molise divino.
Sebastiano Di Maria
molisewineblog@gmail.com
Ma che bella scoperta, complimenti. Tutto molto interessante.
Giovanni da Milano
Grazie Giovanni, fa piacere che una piccola realtà come il blog, come il Molise, grazie alla rete, sia visibile ovunque.
Cordialità