La Prof.ssa Monica Meini, professore associato presso il corso di Laurea in Scienze turistiche dell’Università del Molise, ha aperto, con la sua relazione, le lezioni sul marketing territoriale – presso la “Scuola del gusto: Un Molise divino” – e sullo stato dell’arte in una regione, quella molisana, ricca di biodiversità e ruralità ma ancora povera di offerta condivisa. Inserire il vino in un contesto più ampio, secondo la docente, cioè quello rurale, dove la regione non ha eguali sul territorio nazionale, è condizione imprescindibile per valorizzare l’intero patrimonio ambientale, storico e culturale in una realtà che fa fatica a emergere e proporsi come meta di turismo enogastronomico. Come? E’ necessario trovare un filo conduttore che leghi il buon vino al buon territorio, come recita il titolo della relazione, qualcosa che faccia da collante tra le diverse peculiarità, che consenta di creare una rete d’offerta che possa essere fruibile al visitatore, che crei valore aggiunto sul territorio attraverso il turismo rurale.
La Prof.ssa Meini durante la lezione |
L’esempio portato come caso studio, è quello del progetto Langhe-Roero che, attraverso il Nebbiolo e il vino come simboli di un territorio, possano portare visibilità anche ad altre realtà territoriali. Il punto di forza di un’opera promozionale, come si evince dal progetto in questione e come la stessa docente ha più volte rimarcato durante la lezione, è quello di creare un’immagine unitaria del territorio che lasci intatto il piacere o il gusto della scoperta da parte del turista. Uno degli aspetti più importanti per creare un’immagine unitaria di un territorio è rappresentato dal prodotto tipico, una risorsa complessa che ne incorpora altre, dalla sua qualità intrinseca, dall’ambiente naturale alla storia del territorio, tutte prerogative necessarie ma non sufficienti per uno sviluppo locale se non corredate da un marchio, che permetterà riconoscibilità e sviluppo, solo se la gente capisce il territorio che c’è dietro e ne percepisce il significato simbolico. A tal proposito la Prof.ssa Meini cita il geografo francese Jean-Robert Pitte che, con riferimento all’attenzione riservata ai prodotti tipici da parte della società che viviamo, la definisce come “un’alimentazione geografica, che assomiglia al paesaggio”, oppure, come definisce il sociologo Corrado Barberis, “ogni paesaggio ha un sapore”, creando, in definitiva, un’alimentazione più collegata alla natura e alla cultura. In quest’ottica, sempre secondo l’accademica, è determinante la diversità alimentare, che diventa un’esigenza e che va “messa in rete”, in modo che, attraverso il confronto e lo scambio, faccia uscire un prodotto dal suo territorio e che non sia più solo destinato alla popolazione globale, ma si rivolga all’esterno come ambasciatore dello stesso.
Scorcio di paesaggio rurale a Larino – dal Blog di Pasquale Di Lena |
La Prof.ssa Meini ha poi tracciato, a grandi linee, quelli che sono i criteri di progettazione d’itinerari turistici in paesaggi agro-culturali e delle varie attività che sono in essere sul territorio regionale da parte dell’ateneo che rappresenta. In definitiva, per sua stessa ammissione, non poche difficoltà sono state incontrate nella pianificazione e progettazione, spesso per campanilismi e mancanza di un’identità delle varie comunità territoriali. Ci sono dei segnali positivi in tal senso, citando l’esempio dell’alto Molise che, grazie a una sinergia tra i diversi attori, si sta traducendo in una forte richiesta turistica, che fa da contraltare a realtà in cui è difficile trovare coesione e comunità d’intenti, pur ricche di ritualità, feste legate alla cultura contadina e importanti aspetti agro-culturali. Quello di ricostruire o scoprire un’identità in una comunità di un territorio, attraverso l’aiuto delle istituzioni, è un passo fondamentale per tirare fuori tipicità e risorse culturali, soprattutto alla luce di aiuti comunitari diretti solo per programmazioni strategiche a carattere territoriale e non regionale.
Sebastiano Di Maria
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